James Cameron, eroe schumpeteriano, avrà forse allungato la vita a un'arte senza futuro ma le vicende che sceglie di animare con gli ultimi ritrovati tecnologici d'Occidente puzzano di Hollywood liberal anni '70, quell'industria del "chiagni e guadagna" che con la moda dei diritti civili e del moralismo anti-nixioniano ha modellato la memoria di tanti bobos sconfitti dalla storia, sacrificando una volta per tutte l'idea di cinema come spettacolo godibile. In Avatar seguiamo le gesta di Jake Sully, marine storpio, in missione sul pianeta Pandora camuffato da alieno Na'vi. La parte degli indiani stavolta la fanno questi alieni azzurrognoli, anime belle molto New Age, perché cattedrali del pensiero come Jeohvah, Allah e Nostro Signore Iddio sono per i bigotti, molto meglio pregare un albero o un animale macellato. Il nostro marine finirà col tradire l'imperialismo terrestre per innamorarsi di una principessa Na'vi. Mai esercito, industria e tecnologia erano stati demonizzati in maniera così naive: l'eversione, se veicolata dall'ultimo prodotto del mai domo Capitale, ha le gambe corte.
sabato 2 gennaio 2010
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2 commenti:
Oppure si può leggere un film ispirato ai valori del leghismo: al posto degli uomini in verde, i gianti in blu. Poi difesa del territorio, rispetto del proprio ambiente e accoglienza verso l'eventuale straniero solo fintanto è in grado di assorbire i propri costumi, pena la morte, con buona pace degli spiriti purissimi. O anche una interpretazione tolkeniana, quindi apprezzabile da chi organizzava campi hobbit.
Sarà anche per questo che il film è il più grande successo commerciale della storia del cinema.
Certo. Ma come disse quel tale, la Lega è una costola della sinistra.
MJC
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