sabato 21 novembre 2009

Popopopopopopo

"Ingannare l'arbitro è un diritto inalienabile del calciatore, come scamparla ai giudici è un diritto di ogni cittadino. Il Quinto emendamento in America vieta di autoaccusarsi, in Francia non sappiamo: ma se Henry avesse confessato al giudice, come chiesto dal Trap, ci sarebbe poi tornato a casa? C'è una zona grigia, nella vita e nel pallone, che è la mano del destino. E meno male."
Giuliano Ferrara, il Foglio 21.11.2009

domenica 15 novembre 2009

Compagni che ci azzeccano

"Sarebbe bene sapere una volta per tutte se è meglio continuare a cercare di civilizzare il far west e lasciar fare chi lo rappresenta con un'ambiguità ineliminabile. Oppure mettere in mora i diritti civili, in tre regioni, forse in quattro, sradicare e deportare fette di popolazione. Tertium non datur"
Lanfranco Pace, il Foglio 14.11.2009

giovedì 5 novembre 2009

Una disperata vitalità: B. ultimo eroe pasoliniano

Finisco di vedere per l'ennesima volta Mamma Roma e stavolta c'è qualcosa in più oltre il consueto groppo in gola ad accompagnare gli ultimi istanti del film. Non si tratta solo della sorpresa per il restauro che rende onore allo splendido bianco e nero di Peppino Rotunno e illumina di luce nuova la Roma che Anna Magnani guarda disperata dalla finestra nel finale: è piuttosto la consapevolezza che, in fondo, non sia poco quello che lega l'eredità morale di Pier Paolo Pasolini al patrimonio ideale ed economico di Silvio Berlusconi. Certo, la Medusa si è fatta carico del restauro e Rete4 - la rete che secondo taluni dovrebbe andare sul satellite per lasciare spazio a Dario Vergassola - lo manda in onda. Ma è un legame più profondo, qualcosa che rende B. l'ultimo eroe pasoliniano e il suo popolo l'unico ancora animato da quella disperata vitalità cantata dal poeta di Casarsa. Nei film e nelle pagine di PPP c'è quella fame di vita che difficilmente si potrebbe trovare negli smunti visi che affollano le indignatissime photogallery di Repubblica. É la fame del popolo delle libertà, quello che non si vergogna a parlare dialetto e che vent'anni di notti bianche e omologazione veltroniana non sono riusciti a corrompere. Sono i ragazzi di vita che da Maria De Filippi sudano, amano, ammiccano, godono, sognano. É la gente che ama il calcio e sa che quello vero e serio è narrato da Tiziano Crudeli e dai maverick delle tv private, non da Soriano e la sua compiaciuta malinconia.
É sul terreno della cosiddetta “politica culturale” che si rilevano le maggiori affinità. A renderlo evidente è Alessandro Baricco, ministro ombra del PD, che in un articolo su Repubblica qualche mese or sono espose la brillante idea di tagliare le risorse destinate a musei, teatri e fiere per rimpinguare le casse di scuola e televisione. L'esatto contrario di quel che PPP auspicava in Lettere luterane: scuola e tv pubblica vanno abolite.«La televisione, e forse ancora peggio la scuola d’obbligo, hanno degradato tutti i giovani e i ragazzi a schizzinosi, complessati, razzisti borghesucci di seconda serie» scrisse – e senza volerlo fornì una chirurgica descrizione dei blogger di Fondazione Daje. Mentre la "buona borghesia" concede paternalisticamente la cultura al popolo, Pasolini e Berlusconi sanno che il popolo stesso è depositario di una cultura millenaria e non arretrano davanti alle minacce del politically correct che vuole gli storpi “diversamente abili” e i cibi grassi espulsi da ogni mensa. Lo stesso vale per i diversi: gli uomini-sessuali non sono, come pretenderebbero i grandi apparati delle sinistre, cittadini come tutti gli altri ma gli Efesto della nuova estetica berlusconiana: provate a pensare ai rotocalchi di Signorini, ai programmi tv scritti da Peppi Nocera, alla barbarie mediterranea elevata a stile da Dolce & Gabbana. Per questo Silvio e Pier Paolo l'hanno pagata e continuano a pagarla cara, bersagliati - altra coincidenza - dalla medesima accusa: “atti immorali a danno di minore”. Ne siamo certi, se fosse vivo Pasolini difenderebbe il Cav. come a suo tempo fece con Braibanti.
Ora che il berlusconismo sembra al tramonto ci piace pensare a Salò, l'opera terminale di Pasolini. In una splendida villa, mentre fuori infuria la guerra civile, un circolo di illuminati mette in scena le fantasie più sfrenate: è la folie Berlusconi, il trailer di tutti i festini a venire: e se nell'adorato Stendhal la Certosa era il luogo della rinuncia, Villa Certosa è il posto dove sognare un'Italia slegata dalle redini del cattocomunismo, dove la potenza del danaro trova spazio per esprimersi e rigenerare il mondo a immagine e somiglianza dei propri desideri.
Non si esce da Salò, Pasolini non è più uscito. Oggi forse regalerebbe Alì dagli occhi azzurri alla Lega e continuerebbe la sua battaglia contro aborto e divorzio dalle colonne del Foglio. Di sicuro non scriverebbe più sul Corriere della Sera, anche perché a dirigerlo c'è quel Ferruccio De Bortoli che in una memorabile puntata di Porta a Porta si indignò con Berlusconi perché aveva osato farsi ritrarre in foto con un ragazzino la cui sola colpa era portare una maglietta con la scritta “Song 'e Napule”. «Preferisco la povertà dei napoletani al benessere della repubblica italiana, preferisco l'ignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica italiana (...) Considero anche l'imbroglio uno scambio di sapere. Un giorno mi sono accorto che un napoletano, durante un'effusione di affetto, mi stava sfilando il portafoglio: gliel'ho fatto notare, e il nostro affetto è cresciuto». Certa borghesia ha ancora paura della Napoli vitale e fuori dalla Storia del Decameron.
«Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. È ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti» scrisse il poeta rivolgendosi ai Radicali, poco prima di essere ucciso. E fu frainteso. Berlusconi invece lo prese alla lettera, fino alle estreme conseguenze, fino a scardinare il fascimo dell'antifascismo attraverso un rassemblement pour la deuxième république che ha saputo parlare al popolo di Predappio e a quello di Padre Pio, ai sottoproletari e agli analfabeti, agli avanzi di galera e alle partite IVA. Fino a scandalizzare la sinistra pacifinta che scenderebbe a patti con Bin Laden ma alla cosiddetta mafia, forza del passato, riserva solo e sempre dichiarazioni di guerra. Perché è necessario «dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare».

Appunti eretici, il ritorno

Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da settimane mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che in giro si organizzano convegni di catastrofisti, dopo un’estate in cui le piogge m’hanno impedito di raggiungere non so più quale paese negramente popolato. Dopo un inverno in cui mi è capitato di dover cercare sotto quattordici metri di nevi la mia amata Torpedo. Evidentemente ciò non basta a placare le lagne dei fan del riscaldamento globale. Nell’attesa che vengano tagliati i fondi a questo genere di raduni la mia sola speranza è il buon senso comune, quello che permette alla gente di non piegarsi a stili di vita perdenti ed equo-solidali.
L’altra emergenza è quella delle aggressioni agli uomini-sessuali. Si tratta di episodi terribili, per carità. Ma difficilmente troverete sui grandi quotidiani riflessioni a mente fredda in proposito. Di sicuro non troverete i dati dell‘Istituto Maggie Tatcher. Dopo un puntuale lavoro di “attenzionatura” è emerso che laddove la percentuale di invertiti tende a zero anche le aggressioni contro costoro diminuiscono sensibilmente. Addirittura nelle aree in cui la popolazione è interamente normale questo genere di reati per nulla politically correct tende a scomparire. Qual è la vera causa allora? Non chiedetelo alle anime belle del pluralismo di casa nostra.
Sì, le stesse anime belle del pluralismo che si battono per la libertà di stampa. Raccolgono firme, scendono in piazza. In questi giorni festeggiano l’uscita del Fatto quotidiano, il primo giornale che per essere coerente con la propria linea editoriale è stato impaginato come una lettera minatoria. Per fortuna non sono la maggioranza. All’amico Mario Cervi arrivano ancora lettere questa: “Non riesco a capacitarmi del fatto che si tolleri con tanta leggerezza il proliferare di giornali nuovi, vedi quello di Marco Travaglio, l’uomo più viscido della sinistra disfattista e sempre alla ricerca di nuovi modi per indebolire il premier, vista la continua ascesa dello stesso nel consenso degli italiani. Possibile che l’avvocato Ghedini non riesca a trovare un reato plausibile per la chiusura di queste «vipere» che strisciano con il continuo intento di mordere il premier e causarne la morte politica? Un giornale che palesemente offende e denigra il capo del governo va subito chiuso. Lasciamo poi le critiche a chi è nato per criticare tutti gli avversari politici. Una volta creato l’esempio gli altri giornali di sinistra si guarderanno dal continuare ad offendere il premier e la sua coalizione. Possibile che non si riesca a trovare una norma che preveda l’attentato morale al capo del governo? Io credo che l’unica soluzione a questo continuo stillicidio di calunnie sia quello di rispondere con i sistemi usati (che io non approvo) da Putin nei confronti della Georgia, e della Cina nei confronti dei monaci tibetani: «La forza». Dopo una serie di bastonate inflitte a Franceschini, D’Alema, Travaglio, Santoro e Maurizio Mannoni, si vedrebbero subito i risultati, si vedrebbe il ritorno del rispetto nei confronti di Berlusconi.” L’Italia che lavora, insomma, non ci sta. Che senso eleggere un capo del governo se questo può essere soggetto alla critica del primo stronzo che passa per la strada? Con quale serenità potrà mai operare e riformare?
In America grazie a Internet qualcuno si sta svegliando. Mi riferisco ai Billionaires for Wealthcare, un manipolo di volenterosi che non si vergogna del proprio successo. Stanno lottando contro il socialismo Obamaniaco del “più diritti per tutti” e altri incubi ad occhi aperti che minano la libertà d’intrapresa. Impossibile non pensare a quel grande film del/sul ‘68 che fu La notte dei morti viventi di Romero. Gli zombie metafora dei pezzenti livorosi che credono di resuscitare dalla morte sociale elemosinando diritti e un cinema, l’horror moderno, che rade al suolo i miti del culturame progressista.

mercoledì 4 novembre 2009

Crocifisso: una ricetta liberale

C'avevano già tolto la Lira, in tutti i sensi. Ora gli eurolatri tornano all'attacco e in barba alle più elementari regole democratiche puntano a far fuori il crocifisso dalle nostre vite. Ma una miracolosa ricetta liberale arriva in aiuto: privatizzare le pareti scolastiche, mettere all'asta gli spazi in modo che chiunque, Santa Romana Chiesa compresa, possa concorrere all'addobbo e far valere il proprio peso. "Non esiste professione di fede valida che non sia accompagnata dall’obolo di uno scellino".